Scegliere una gara in base al minor numero di partecipanti! Questo è stato il mio pensiero prima di iscrivermi alla maratona di Trino Vercellese, paesino famoso per la nebbia, le zanzare ed il riso.
Ovunque tu corra una maratona, la lunghezza è sempre la medesima, non ascoltare chi ti dice che NY è la più lunga! Possono cambiare i panorami quello sì, ma a Trino il paesaggio è sempre lo stesso: una distesa sempre uguale di nulla. Per incontrare qualche umano devi aspettare ogni 5km, dove sono posizionati i ristori, come da regolamento. È una gara talmente tranquilla, che ho persino incontrato un gatto steso per strada pacificamente addormentato, come fosse in mezzo alla savana.
Nessuno a farti il tifo, nemmeno fuori dall’unico bar incontrato, e questo a Trino, come nei paesini limitrofi. Ogni strada era chiusa al traffico, ma desolata e deserta, complice il meteo, che dopo mesi di siccità, ha deciso di rompere gli schemi proprio oggi.
Quasi sorpreso di vedere tutti i km della gara segnati, procedo solo per le strade. Talmente solo da sentirmi quasi disorientato. Ad un certo punto infatti non sapendo da che lato della strada correre, proseguo lungo la linea di mezzeria fino al traguardo, con la testa libera da tutto ciò che è superfluo. La mia mente però non è vuota, ma ad ogni passo si è riempita di progetti per la prossima stagione, che spero sia fatta di tanto divertimento, proprio come è stato nel 2022.
Inganno la mente per percorrere tutta la pista di atletica.
Premetto: non sono nessuno, non ho velleità di tempi, ma le sfide con il cronometro mi sono sempre piaciute e le ritengo le sole per dimostrare a se stessi quanto si vale in quel determinato momento.
E così che con un collega e due perfetti sconosciuti, ci ritroviamo a passare la pausa pranzo: quanti giri riusciremo a fare sotto il tempo che ci siamo prestabiliti?
La lepre è la più forte, tira gli altri animali da pista. È lei che segue il ritmo dell’instancabile Lillo, che a bordo pista urla il tempo ad ogni passaggio. Tutto quello che sto vivendo mi sembra di un romanticismo insolito: noi quattro in fila indiana a poco più di 1 cm l’uno dall’altro a sentire il fiato come unico rumore, anche se il rumore più forte è quello del battito accelerato dentro ognuno di noi.Chiudiamo così la fatica accasciati sul Tartan senza nemmeno la forza di parlarsi.I GPS segnano i vari record del nuovo allenamento, consapevoli che bisogna allenarsi per fare ancora meglio…
Vivo di stimoli, e trovarli in tempi come questi è sempre più difficile. Ho la necessità di trovarli… Ma a modo mio… Senza elogiarsi troppo, ma lavorando a testa bassa in mezzo alla tempesta.
Stregato definitivamente dal docufilm di Jovanotti, e prigioniero di un immobilismo forzato, decido di trasformare la mia MTB per intraprendere il mio primo viaggio in Italia, fatto di fatica e di libertà.
Il viaggio, secondo me inizia nel momento stesso in cui decidi di fare il primo passo verso un mondo che non conosci ma che vuoi cercare di capire e di imparare. Così, dopo lunghi preparativi, mi ritrovo sotto casa un giorno d’agosto con una pioggerella fine diretto verso le bollicine della Franciacorta…Chissà se mi daranno alla testa più le bolle o l’aria in faccia!
Già dalle prime pedalate capisco come sarà il viaggio: senza fretta e senza programmi. Il passo delle borse attaccate mi fa andare in cerca di rapporti agili. Il programma nella mia testa si fa più chiaro: fare chilometri nelle prime ore del giorno, sfruttare una pausa pranzo veloce e giungere al termine della tappa avanzando il tempo per un bucato (non sempre obbligatorio), un riposino ed una visita al luogo prescelto.
Ma il viaggio “è il viaggio stesso”. È il cielo sotto il quale pedalo, è il profilo delle colline che mi accompagnano, è il campo di pomodori che attraverso, è la pioggia che mi raffredda e mi colpisce violenta come a scuotermi, è il sole accecante che mi tatua la pelle, è l’albero di fichi sotto il quale mi fermo e che mi fa tornare bambino.
I giorni e i panorami si susseguono lenti e diversi, semplici e unici come la Val d’Orcia. La Toscana è una meraviglia e mi gusto tutto per la mia prima volta in questa terra.
Ogni posto attraversato mi lascia qualcosa: un colore, un profumo, uno sguardo, un sapore. È un dettaglio, ma ne è l’essenza. Nessun posto è approfondito, non ce ne sarebbe il tempo, l’adrenalina va alimentata o la fatica ha il sopravvento, e quindi continui ad “attraversare“ e non ti soffermi. Ma impari a percepire l’essenza dei luoghi, del tempo, delle persone che incontri e che ti accompagnano. Forse diventi più sensibile, forse diventi ancora più essenziale. Forse è in atto un altro cambiamento. Capisci che più che il tempo è la passione e il desiderio che ti fanno entrare nell’anima vera delle cose.
Dopo 10 giorni, un po’ di chilometri nelle gambe e una testa leggera e felice, mi trovo nella capitale, giro l’angolo e toh il Vaticano, qui un briciolo di emozione mi fa capire quanta fortuna ho avuto nel vivere e nel sudare un viaggio su due ruote, non convenzionale, faticoso ma intimo, fatto di piccoli gesti ma di grandi meraviglie.
Non sono ancora ritornato a casa ma già fantastico sul prossimo viaggio in bicicletta. Non so ancora dove si andrà, ma so che di sicuro sarò disposto a fare la salita più dura, a sopportare ogni temperatura e a dormire per terra, a non lavarmi per giorni e a rimettermi sempre la stessa maglia, ma non sono disposto a non mangiare e a non bere del buon vino, tutti i santi giorni. Perché il panino dell’unico negozio di alimentari che incontri come un miraggio in mezzo al nulla, è qualcosa che ricorderai per sempre.
P.s. Grazie Davide Zandonella per gli ottimi consigli tecnici e preparati alle nostre prossime richieste che, temo, non tarderanno ad arrivare!
A tempest must be just that A tempest must be just that A tempest must be just that (Jones/Carey/Chancellor/Keenan)
Questa è la prima parola che mi viene in mente quando penso alla Transalpine Run.
Un tornado, una tempesta, un gorgo, un vortice che ti intrappola e sbatacchia e da cui pensi (e poi speri) di non uscire più.
Si comincia
Iniziare è facile, continuare è difficile. (Proverbio tedesco)
Arrivi il giorno prima della partenza, non sai cosa succederà e come andrà nei giorni successivi, ma subito ti trovi sballottato da un punto all’altro della logistica di gara. Il ritiro dei pettorali e le spiegazioni anglo-tedesche degli addetti (ma tu hai capito cosa ha detto? ma siamo sicuri che…), il riempimento del borsone con tutto quello che prevedi ti servirà nella settimana successiva, l’individuazione dei punti “nevralgici” della prima giornata (la partenza, il pasta-party, l’hotel, …). Intorno a te gente di tutte le nazionalità (tranne che della tua…) e cominci a non capire più nulla.
L’ultima notte “tranquilla”, quasi normale. Ma carica di elettricità, di attesa e di timore. Senti il tuono che si avvicina, avverti l’arrivo della tempesta e capisci subito che non ne uscirai uguale a prima.
Riti
La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.
Man mano che procedi, però, cominci a intravedere un disegno che si delinea all’interno del turbine. E comprendi che, se vuoi sopravvivere, devi afferrarlo e farlo tuo, con tutti i suoi rituali e le sue fasi, senza mai lasciarti sopraffare da imprevisti e sorprese. Soprattutto se affronti la TAR nel modo più selvaggio, pochi hotel e tante notti passate nei CAMP. Il CAMP: asettica definizione per definire un accampamento disordinato di borsoni e effetti personali, sacchi a pelo e abiti stesi nella improbabile speranza di farli asciugare, odori di sudore e di pomate miracolose per lenire dolori e infortuni vari, code ai cessi e nelle docce, gente che russa e ricerche spasmodiche e disperate di prese elettriche per ricaricare smartphone e orologi. Capiti dove capiti, dal moderno centro sportivo con tanto di piscina, alla palestra di paese con docce fredde e pochi servizi, fino al rifugio antiatomico (giuro!) dove devi arrangiarti a dormire su uno scaffalone di legno tipo Ivar di Ikea, con il ventilatore dell’aria che ti assorda per tutta la notte. Ma il rituale è sempre lo stesso: arrivi, ti guardi un po’ in giro, disfi la borsa spantegando tutto quanto intorno a te nel disperato tentativo di trovare al primo colpo ciò che ti serve… Gonfi il materassino, stendi il sacco a pelo, doccia, preparazione di abiti e zaino per la giornata successiva, poi qualche momento di relax tutto per te, cercando di isolarti dal vortice che ti gira intorno… Intorno, la più varia umanità: chi fa stretching, chi dorme, chi studia la tappa del giorno dopo, chi chiacchiera, chi guarda fisso nel vuoto, quelli che si sono portati il Mac, quelli che estraggono un libro, quelli che cercano di fare il bucato…
E la sveglia alle 5:30 è pesante, figuriamoci se alle 5 c’è già qualcuno che rompe i coglioni, il pensiero di uscire dal sacco a pelo è insopportabile… Ma fa tutto parte del rito. Esci dal bozzolo caldo, sgonfi il materassino, riponi il sacco a pelo, ti perplimi un po’, toeletta, vestizione con le ultime decisioni (metto i manicotti? o i pantaloni lunghi? e la giacca?), richiudi il borsone (la cosa più difficile della giornata, e ogni giorno è peggio!), ti ri-perplimi ancora un attimo, colazione.
E, alla fine della giornata, la pasta scotta del pasta-party e gli improbabili accostamenti gastronomici tedeschi, ma è tutto abbondante e tu mangeresti anche le gambe del tavolo, naturalmente accompagnandole con un paio di birre!
Le discese ardite e le risalite
Sembra sempre impossibile farcela. Finché non ce la fai. (Nelson Mandela)
Già, son qui per correre… Ma la gara, in fondo, è il meno, ne hai già fatte tante, sai cosa ti aspetta. A parte il fatto che, finita una, ne devi fare un’altra il giorno successivo. E poi un’altra ancora e ancora e ancora… Con la coscienza di aver cazzeggiato tutto l’anno e di non sentirti per nulla pronto ad affrontare tutto ciò!
Parti il primo giorno… bene, dai! sono solo 40 km… e già pensi che nei 27 km del secondo giorno tirerai sicuramente le cuoia. E invece passi indenne anche questi! E poi anche quelli successivi. L’importante è superare l’impatto sconvolgente della partenza, sciogliere i muscoli anchilosati nei primi chilometri. Poi, man mano che passano chilometri e giorni, ti accorgi che no, non stai migliorando, però ti adatti sempre più, sei più resistente, muscoli e articolazioni funzionano bene, sei stato fortunato e non sei caduto, non hai preso storte o contratture, le scarpe che hai portato sono quelle giuste e non ti procurano vesciche, le unghie sono intatte e riesci, insomma, a divertirti. Nonostante il caldo e la pioggia, il fango e le rocce scivolose, il freddo che ti prende in cima alle vette, la rabbia per certi tratti che non ti piacciono e gli inevitabili momenti di sconforto.
Chi me l’ha fatto fare, domani mi do al golf!
La montagna chiama e devo andare. (John Muir)
Molti uomini prendono la via più dritta e stretta. Qualcuno prende la meno trafficata. Io scelgo di tagliare attraverso il bosco
L’ho pensato, costeggiando un campo da golf lungo il tragitto di una tappa. Ma non è vero, non mi darò mai al golf! Una dolce distesa ondulata di erba perfettamente pareggiata contro un sentiero impervio, un bosco fatato, una discesa a capofitto e uno sfondo di guglie di granito? Il caddy che ti porta la sacca coi ferri contro lo zaino in spalla che contiene tutto quel che ti serve per sopravvivere? L’emozione di una buca contro la vertigine del baratro? No, grazie, sono ancora troppo scemo per il golf!
With a Little Help from My Friends
Oh, I get by with a little help from my friends Mm, I get high with a little help from my friends Mm, gonna try with a little help from my friends (Lennon/McCartney)
La TAR si corre in coppia. Aiuta. Non tanto nella corsa in sé, lì l’importante è passare insieme i punti di controllo e di arrivo. Quanto nell’affrontare tutto il resto. Uno sguardo, un abbraccio quando serve, una battuta prima di chiudersi nel sacco a pelo, un semplice “dai!” sulla salita più bastarda o nel CAMP più fetido, un qualsiasi appiglio per affrontare i marosi della tempesta che ci circonda.
La calma dopo la tempesta
E, infine, arriva l’ultimo giorno. L’ultimo traguardo attraversato coi goccioloni che ti scendono dagli occhi e un groppo che ti stringe la gola. Per tutta la fatica fatta, pensi, per la soddisfazione di essere riuscito a finire qualcosa che pensavi più grande di te. Solo dopo, con calma, capisci che non sono solo lacrime di soddisfazione. Solo dopo, tornato nel solito tran tran quotidiano, comprendi il senso di disperazione che ti ha offuscato per un attimo gli occhi. Si, perché la tempesta ti ha cambiato, è entrata dentro di te, ne hai assimilato ritmi, riti, paure e gioie. E senti che ti mancherà.
Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. (Haruki Murakami)
Solo gli inquieti sanno com’è difficile sopravvivere alla tempesta e non poter vivere senza. (Emily Brontë)
Proprio no, non sono riuscito a non partecipare al nono MTC …ho cercato una scusa plausibile ma neanche l’invito a pranzo della suocera ha funzionato, per cui mi sono catapultato sulla linea di partenza in piazza a Menaggio.
Per ragioni di carico di km e D+ nell’ultimo mese opto per il bimbo giro di 30k D+ 2000, che proprio uno scherzo non è, se si pensa che parti dal livello del lago e arrivi al monte Bregagno a 2100mt.
Avrò fatto questo percorso decine di volte ma tutto su quella montagna è sempre diverso: la nebbia bassa fino a 1600mt che ti fa accapponare la pelle per poi scoprire che in vetta c’è il sole a baciare belli e brutti (io), e poi arriva lo spettacolo più bello ed unico al mondo, la nebbia sottostante svanisce e con un salto di 2000mt, vedi il lago e gli idrovolanti che volano più in basso dei tuoi occhi.
Non sono qui per scrivere di tempi, di posizioni, di ristori e balisaggi, sarebbe una noia e non è questo quello che cerco, soprattutto perchè al MTC si vive: si vive un viaggio fatto di Emozioni, quelle che ti regala la natura e quelle che sei in grado di cogliere lasciandoti attraversare da ciò che vedi.
Quindi se venite a Menaggio, passate da Plesio e salite a S.Amate e su in vetta fino alla croce del Bregagno in silenzio e godetevi i panorami. Il MTC si può ripetere quando si vuole, il percorso è segnalato bene e permanentemente.
A noi piacciono le sfide, quelle piccole quotidiane piene di imprevisti, ma anche quelle in cui ci andiamo a cacciare..
è il nostro modo di vivere.. è uno dei nostri modi di divertirci..
E allora… partiamo per la Transalpine Run 2019…
Mancano ormai pochi giorni al via di questa avventura. Siamo pronti? Allenati? Preparati ad affrontare otto giorni in giro per i monti, con tutti gli imprevisti del caso (il meteo, la fatica, gli inevitabili scazzi, la birra calda…)?
Nella nostra ormai pluriennale esperienza, una cosa possiamo dirla: non si è mai abbastanza pronti per affrontare certe “imprese” (chiamiamole così…); ma a corollario di questa verità possiamo sicuramente aggiungere che, mentre malediremo il giorno in cui siamo partiti, non mancheremo di divertirci come matti!
E allora: percorreremo sentieri bellissimi, ma non dimenticheremo certo i nostri sentieri, quelli che abbiamo nel cuore, quelli intorno al lago più bello del mondo. E cercheremo di farli conoscere anche ai nostri compagni di avventura, la maggior parte (diciamo pure la quasi totalità…) stranieri. D’accordo con le rispettive organizzazioni offriremo a quattro fortunati due pettorali per la Mezza Maratona del Lago di Como 2020 (www.runincomo.it) e due pettorali per il Marathon Trail del Lago di Como 2020 (www.infotrails.it). E un paio di tappe le correremo con le magliette di queste due gare.